MONTE LIMBARA, PUNTA BALISTRERI, MT 1359 SLM
Il territorio dell’Alta Gallura, ritratto in una immagine notturna vista dal satellite ci appare come una zona buia, illuminata da pochissime luci. Allo sguardo ravvicinato di chi sa immergersi nelle sue pieghe comincia invece ad animarsi di piccoli baluginii che rivelano un contesto in movimento. Soprattutto nei territori vuoti delle campagne molte storie raccontano di una umanità in cantiere che sta sperimentando: modalità inedite di riabitare il territorio fra gli antichi stazzi e il mondo, nuove forme di produzione legate alla terra; piccole economie pensate in più stretto rapporto con le risorse offerte dagli stessi contesti ambientali. Sembrerebbe che la contemporaneità stia in un certo qual modo riscoprendo l’arcaico. In questa sezione del sito abbiamo raccolto trenta piccole storie/ racconti che narrano di soggetti innovatori scelti tra nuovi abitanti, imprenditori, pastori e allevatori che popolano le campagne del territorio gallurese. Ai racconti si aggiungono nove storie/video che sono state prescelte per diventare oggetto di piccoli film documentari. Realizzati da G. Crivaro e M. Pisano utilizzano la forza poetica del linguaggio filmico, per esplorare e raccontare, attraverso voci, immagini e suoni, alcuni caratteri delle trasformazioni in corso.
Le nuove modalità di uso e di appropriazione del territorio dell’Alta Gallura suggeriscono il possibile emergere, seppur allo stato nascente, di una figura territoriale inedita che intreccia mondi locali e dinamiche globali e tiene insieme la città e la campagna, la natura e la cultura. Abbiamo provato a nominarla “città-natura”, convinti che questa immagine evocativa possa diventare una idea guida attorno a cui lavorare per costruire il futuro di questo territorio. In questa sezione vengono individuati su una cartografia di base gli elementi che ne definiscono l’ossatura portante: le principali componenti ambientali (le montagne, le acque), la struttura insediativa (i centri, gli stazzi e le chiese), le strade e i più significativi paesaggi (i giardini del bosco e delle vigne). Sulla mappa base, in una serie di layer che si sovrappongono, vengono mappati: i cammini che si immergono nelle pieghe del territorio; le fabbriche in cui la natura viene distillata e trasformata in cultura; i luoghi della memoria, in bilico tra operazioni di museificazione e germinazione di novità; i luoghi dell’arte in cui si sperimentano embrioni di futuro; le “piazze”, immerse nella natura in cui si accolgono eventi che spaziano dalle arti figurative e performative, alla musica, alla letteratura, al teatro e alla poesia; le nuove strutture destinate all’ospitalità e all’accoglienza. Le mappe rimandano a descrizioni, immagini, piccole clep, che restituiscono tridimensionalità e spessore alle carte, e a link che suggeriscono ulteriori piste da esplorare. Si tratta di luoghi, situazioni, esperienze, ambienti già presenti che costituiscono materiali preziosi e potenziali da cui si potrebbe partire, coinvolgendo i diversi soggetti che già sperimentano sul territorio, per realizzare un grande cantiere collettivo relazionale e interattivo attraverso cui dar vita alla città-natura.
Nella città natura non ci sono solo i collegamenti per andare veloci da un punto ad un altro, ma è possibile immergersi nelle pieghe del territorio, riscoprire «il lento godimento del tempo e dei luoghi», l'intensità del cielo e la forza del paesaggio, rientrare in contatto con le rugosità, le specificità, le irregolarità, le qualità olfattive, tattili e sonore dello spazio, ristabilire un legame coestensivo di connessione vivente con l’ambiente storico-naturale che ci circonda, sperimentare un rinnovato contatto con sé stessi. Esistono infatti molti sentieri in cui andare andare a piedi, in bicicletta o a cavallo, che consentono di penetrare negli ampi spazi dilatati e silenti, abitati da innumerevoli specie viventi, ricamati da tracce, impronte impresse dalla storia in questo territorio. In questi ultimi anni le stesse istituzioni stanno mettendo in cantiere alcuni progetti in corso o in via di attuazione, che prevedono interventi di recupero di tracciati destinati alla mobilità lenta: sentieri, percorsi ciclabili, camminamenti e ippovie. Insieme ai sentieri locali esistono anche dei tracciati di attraversamento dei grandi «cammini» nazionali, che attraversano la Gallura: il sentiero del Cai e il camminu di Santu Jacu. In questa carta, non esaustiva, vengono riportati i sentieri più facilmente tracciabili. Sono i primi materiali da cui partire per un progetto di ripensamento della viabilità, che diventi capace di ricucire questi frammenti in un disegno complessivo, ma anche di innestare, alla luce di una nuova idea di urbanità, questa rete capillare all’interno di un più ampio sistema di mobilità, capace di permettere il passaggio dalla velocità alla lentezza e di consentire così diverse modulazioni di accesso al territorio.
Le fabbriche della città natura non sono gli opifici fumanti che siamo abituati a vedere nelle città moderne, ma i luoghi, i giardini e le officine in cui la natura viene distillata e trasformata in cibo, profumi, sapori, vini, liquori, formaggi, o come nel caso del sughero in prodotti che hanno lo scopo di migliorare, sfruttando creativamente le qualità offerte dai materiali ecologici, la vita degli uomini. Se le fabbriche del sughero, da cui si producono materiali usati in diversi settori, hanno radici antiche, è invece soprattutto in questi ultimi decenni che, con l’ampliarsi dei territori destinati alle vigne, si sono moltiplicate le cantine che producono ottimi vini, ma è nato anche un importante frantoio per l’olio. Cominciano inoltre a spuntare nuove colture: il giardino del mirto e quello delle piante officinali a cui si accompagna la creazione di officine in cui dalle diverse piante si producono grappe, liquori, profumi, prodotti per la salute, il benessere e la bellezza. Ci sono poi i giardini degli animali: i luoghi in cui si allevano api, capre, pecore, vacche, ma anche asini e i laboratori che producono ricotta, formaggi, così come gli altri prodotti che reinterpretano le antiche tradizioni culinarie profondamente legate alle risorse del territorio. Il proliferare di queste nuove fabbriche in cui la tradizione si mescola con l’innovazione è resa possibile non solo da un interesse locale, ma soprattutto da un riposizionamento all’interno di nuovi mercati globali sempre più sensibili ai prodotti di qualità provenienti da territori unici, ancorati ad una storia e ad una identità.
La città-natura è un territorio denso di storia: uno spazio gremito di segni minuti, di impronte disseminate dappertutto, di tracce mnestiche dimenticate che ci dicono che qualcuno è passato di quà; ma anche di «di voci di defunti» che affiorano da tempi lontani e raccontano di culture che, come «innumerevoli padri», giacciono, come enormi tesori, dispersi sul fondo. Perle e coralli che attendono di essere riconosciuti, depositati dalla storia nel dentro del territorio. Come punte di un iceberg, sono moltissime le emergenze storiche e archeologiche che affiorano da tempi lontani, disseminandosi alla superficie del presente. Ci parlano di una storia, tutt’altro che lineare, che il territorio contiene, espressione di continui rimescolamenti, montaggi e smontaggi, fratture, sopravvivenze e anacronismi, cesure, regressioni, ritorni spesso inattesi. Insieme alle tracce disperse sul territorio ci sono altri “luoghi della memoria” che ormai si disseminano in tutti i nuclei storici della città natura. Sono dei piccoli ma importanti musei, nati in questi ultimi decenni, che sono lì a ricordarci come questa stessa storia abbia intessuto il territorio di tradizioni, di culture, di saperi, di tecniche, di consuetudini, di storie di vita. Spesso attorno ai segni o ai luoghi della memoria si coaugulano interessanti esperienze che lavorano per creare situazioni coinvolgenti capaci di innescare forme di lettura attiva di questi patrimoni e fare in modo che queste memorie possano essere non solo custodite, musealizzate, ma diventare elementi generatori di nuove forme di appropriazione e di uso del territorio.
La città-natura dell’Alta Gallura in questi ultimi decenni ha visto pullulare una interessante produzione di sperimentazioni artistiche che hanno lasciato testimonianza in diversi luoghi distribuiti nel territorio. Gli artisti, provenienti molto spesso dai teatri e dalle gallerie delle più importanti città italiane, hanno trovato in questo contesto una linfa nuova per alimentare la loro stessa creatività e mettere in cantiere esperimenti interessanti che lentamente hanno cominciato a diffondersi non solo nei piccoli centri, ma anche nelle aree più selvagge, addirittura sulle pendici o sulle cime della montagna. Riannodare rapporti fertili con la memoria dei luoghi, spostare il senso comune e far intravedere cose che non erano viste, offrire spunti di riflessione sul complesso rapporto tra uomo e ambiente, sono stati questi i temi su cui si è concentrato in questi anni il loro lavoro. Le loro interessanti produzioni, che vanno dalla musica alle arti visive, dalla scultura, alla performance, dalla letteratura al teatro e al cinema e in cui si intrecciano mondi locali e percorsi internazionali, mettono in evidenza come molto spesso sia nelle aree liminari e periferiche e non più solo nei grandi centri o nelle grandi città che possono prender vita azioni sperimentali e generative, cariche di energia trasformativa.
Le piazze della città natura non sono le piazze della città tradizionale, ma piuttosto dei luoghi di incontro temporanei che si creano in occasione di eventi o situazioni particolari, quando spesso, in nome dell’arte e della musica, si creano atmosfere di condivisione di culture, sentimenti ed emozioni. Molto spesso queste piazze non sono localizzate all’interno dei nuclei storici, ma disperse nel paesaggio, in luoghi caratterizzati da una particolare valenza ambientale o storica. A volte, infatti, una chiesa campestre, la cima di una montagna, i bordi di un lago, una tomba dei giganti, una radura in mezzo al bosco, una semplice vigna, uno stazzo, un grande albero, i margini di un grande sasso, la base di una nuova pala eolica, grazie alla presenza di un concerto, di una lezione, di un reading di poesia itinerante, possono trasformarsi in vere e proprie centralità capaci di favorire e di incrementare l’incontro tra persone, luoghi, storie e ambienti. La scelta di far diventare dei luoghi immersi nel paesaggio delle vere e proprie piazze temporanee in cui far incontrare culture e mondi eterogenei, sembra rinnovare in maniera creativa una consuetudine antica molto presente in queste terre: quella delle feste nelle chiese campestri o dei raduni presso le antiche tombe dei giganti immerse nella natura, che costituivano dei veri e propri dispositivi di scambio per le popolazioni che abitavano in queste terre. In questa regione senza città, intese nell’accezione classica del termine, era, infatti, proprio attorno a questi luoghi sacri dispersi nella campagna e situati generalmente in luoghi naturali di carattere eccezionale, che si celebravano molteplici feste campestri in cui in nome del dispendio, della cucina, del canto, della musica, della poesia e del ballo, si costruivano beni relazionali, esperienze intense che mettevano in gioco un incremento d’essere tra uomini e luoghi.
Il territorio dell’Alta Gallura sta cominciando ad attrarre nuove popolazioni e nuovi flussi di viaggiatori che spesso arrivano da molto lontano per immergersi nell’eccezionalità di questo contesto storico-ambientale ma anche per sperimentare nuove forme di turismo culturale associate anche agli eventi che si diffondono in questo contesto. È per rispondere a questi nuovi desideri e bisogni che, in questi ultimi decenni, si è assistito a un lento, ma costante aumento delle strutture di ricezione e di accoglienza che si sono diffuse non solo nei nuclei dei paesi storici ma anche e soprattutto nel territorio. Già a partire dal 1999-2000, quando escono i bandi comunitari che offrivano aiuti alle aziende agricole per investimenti (finalizzati alla diversificazione delle attività: agriturismo, fattorie didattiche, ospitalità), cominciano a nascere, infatti, numerosi bed and breakfast e agriturismi, a cui via via si aggiungono piccoli hotel, che sempre di più assumono la forma dei relais e dei retrait. Molti di essi nascono, infatti, proprio per intercettare e dare risposta a nuovi desideri, legati a una voglia di sosta, di rallentamento, di rigenerazione e di immersione in più selvaggi contesti naturali, riparati dal frastuono festante delle discoteche smeraldine e delle spiagge affollate della costa. È in questi ultimi anni tuttavia che questo fenomeno sembra moltiplicarsi e dar vita a diversi progetti interessanti che si rivolgono a targhet differenti.
Il lavoro che proponiamo è l’esito della ricerca «Atlante
dell’innovazione: alla ricerca degli embrioni di mutamento nel
territorio dell’Alta Gallura», selezionata e ammessa al finanziamento
del «Bando competitivo Fondazione di Sardegna – 2016 per progetti di
ricerca con revisione tra pari» e finanziata nel 2018. La ricerca,
volta a cogliere gli indizi di innovazione che si manifestano in
questo territorio, nasce dalla consapevolezza che spesso gli sguardi
zenitali, così come i grandi numeri e le statistiche, proprio
perché rischiano di ingabbiare la realtà in rigide determinazioni,
non ci aiutano a cogliere i momenti di passaggio. Proprio per questo
la ricerca prova a praticare un altro sguardo. Lo sguardo mobile e
itinerante del viaggiatore capace di calarsi nelle pieghe del territorio,
più attento ad osservare da vicino, le singolarità, i frammenti, i lampi
passeggeri, che caratterizzano gli stadi iniziali delle trasformazioni,
quando queste sono ancora in uno stato di abbozzo, e non ancora
del tutto manifeste, e su cui invece occorrerebbe soffermarsi per
comprendere il divenire. Con questo sguardo ci si è immersi nelle
aree che circondano la montagna del Limbara, formata dai comuni
di Tempio Pausania, Aggius, Bortigiadas, Luras, Calangianus,
Luogosanto, Sant’Antonio di Gallura, Telti. La ricerca si è
estesa in parte anche nel comune dell’Aglientu e nel versante
Sud della montagna includendo, per l’interesse di alcuni
fenomeni in atto, il territorio di Berchidda e di Monti.
Per semplicità abbiamo tuttavia deciso di nominare il
contesto di riferimento, con il toponimo Alta Gallura.
Nel corso di questo viaggio, oltre ad osservare luoghi, sperimentazioni,
forme di produzione, eventi, siamo andati alla ricerca di casi individuali,
di storie rivelatrici o promettenti, spesso apparentemente insignificanti.
In questo senso la ricerca ha utilizzato metodologie di carattere «indiziario»,
che non si basano sull’analisi dei caratteri più appariscenti, ma sono più attente
ai particolari, agli indizi impercettibili ai più, all’analisi degli scarti,
dei dati marginali, considerati spesso come rivelatori di tendenze in atto,
e proprio per questo in grado di rivelare una realtà complessa non sperimentabile direttamente.
G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo?, Nottetempo, Roma 2020. G. Didi Huberman, Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze, Bollati Boringhieri, Torino 2010. C. Ginzburg, Spie. Radici di un paradigma indiziario, in Miti, emblemi, spie. Morfologia e storia, Einaudi, Torino 2000. F. Jullien, Le trasformazioni silenziose, Raffaello Cortina, Milano 2010.
In questo senso l’atlante non ha la pretesa di fotografare in maniera
esaustiva una realtà, ma piuttosto quella di costruire un punto di
vista parziale, incompleto, attraverso cui dare visibilità a pratiche
differenti; portare all’attenzione a nuove funzioni, nuovi comportamenti;
apprezzare capacità nascoste disperse o mal utilizzate; far emergere
una progettualità nascente.
Abbiamo immaginato questo atlante, che mescola diversi linguaggi,
come una sorta di archivio sperimentale in divenire che raccoglie
tutti questi indizi: uno strumento utile per implementare nuove
politiche territoriali, ma anche un supporto adatto per creare
delle intelligenze connettive e delle possibili forme di integrazione
e di complementarietà fra diversi settori ed esperienze.
La costruzione del sito è andata di pari passo alla realizzazione di
un volume a cui si rimanda per gli apparati critici e bibliografici.
Lidia Decandia, Territori in trasformazione, Donzelli 2022. Il lavoro
di ricerca è stato realizzato da Lidia Decandia e Leonardo Lutzoni.
Nella sua strutturazione e nella sua veste grafica il sito è stato
curato dai designers Marco e Roberta Sironi, Maria Chiara Sotgiu.
I video delle storie sono stati realizzati da Margherita Pisano
e Gaetano Crivaro. Hanno partecipato alla realizzazione delle
mappature Filomena Merella e Cecilia Fadda.
L. Decandia, C. Cannaos, L. Lutzoni, I territori marginali e la quarta rivoluzione urbana. Il caso della Gallura, Guerini Associati, Torino 2017. L. Decandia, L. Lutzoni, La strada che parla. Dispositivi per ripensare il futuro delle aree interne in una nuova dimensione urbana, Franco Angeli, Milano 2016.
L’Atlante delle trasformazioni nasce con l’intento di far emergere i mutamenti che sono in corso in Alta Gallura. A partire dal presupposto che il territorio non sia una tavola bianca su cui imporre delle forme, ma un tessuto di ambienti e di luoghi in continuo divenire, in cui memorie, forze, energie, lavorano sottotraccia per produrre cambiamento, prova a far emergere i diversi segnali che lampeggiano in questa terra, con l’idea che proprio da qui si debba partire per immaginare un progetto di futuro. Raccoglie storie, mette in luce nuove forme di produzione e di uso dello spazio, sperimentazioni, artistiche, eventi e prova a far venir fuori l’immagine inespressa che queste linee di tendenza sembrano suggerire. Dal buio affiora una costellazione lampeggiante: una figura territoriale inedita, fragile di cui invita a prendersi cura. Una ossimorica città-natura in cui il già stato si unisce con l’adesso e in cui si intrecciano città e campagna, natura e cultura. Diviso in due sezioni, Storie e Città-natura, l’Atlante è Immaginato come un archivio sperimentale in divenire che, nel fare interagire i più classici strumenti di lettura e rappresentazione del territorio, come le mappe, con i volti, le voci di persone uniche e con i loro racconti irripetibili, mescola diversi linguaggi - scrittura, cartografia, video, fotografia, suono - con l’intento di costruire una narrazione molteplice, articolata su diversi livelli interpretativi e comunicativi.